Tutti i giorni sentiamo parlare di influencer, un esperto – secondo la definizione di Giovanni Ciofalo, professore associato di Internet e Social Media Studies all’Università La Sapienza di Roma – che, all’interno delle proprie cerchie relazionali, riveste un ruolo carismatico e possiede una capacità di persuasione.
L’influencer marketing si è diffuso soprattutto grazie alla crescita di Instagram. Aziende e brand sono sempre più consapevoli del potenziale degli influencer e in molti vi ricorrono, un po’ come una volta si faceva con i testimonial, per aumentare la visibilità del proprio business e le vendite di un prodotto/servizio.
Chi sono i micro-influencer?
I micro-influencer si occupano di nicchie tematiche ben specifiche. La verticalità dell’audience a cui si rivolgono determina un numero ridotto di follower. Non parliamo di cifre esorbitanti, ma di numeri compresi tra i 1.000 e i 100.000 follower, proprio perché si tratta di profili che non lavorano tanto sulla notorietà, quanto sulla credibilità che si sono guadagnati all’interno della propria community.
Sono professionisti o appassionati di un determinato settore/tema, capaci di raggiungere e coinvolgere attivamente la loro rete di contatti con cui creano un rapporto di fiducia che si impegnano a mantenere grazie alla proposta di contenuti di valore.
Quando e perché scegliere i micro-influencer in una strategia di digital marketing
Ricorrere ai micro-influencer nella propria strategia di marketing ha senso solo se si intende raggiungere una determinata audience con cui creare un rapporto duraturo e proficuo nel tempo.
Con un investimento inferiore, rispetto all’utilizzo di un influencer da millemila follower e molti zero di budget, si può intercettare il pubblico giusto.