I social network hanno la memoria corta o, meglio, come molti casi dimostrano, non perdonano ma dimenticano. Il paradigma del web3.0 ha mostrato in più occasioni di cosa è capace il consumatore – divenuto ormai prosumer – sul terreno dei nuovi media , in particolare dei social network, a dimostrazione di quel che è definito “web potenziato”. Sono trascorse solo due settimane circa dallo scandalo Moncler sollevato dalle indagini di Report circa le presunte irregolarità concernenti le piume (la materia prima), la qualità del prodotto finito, il rispetto per gli animali e la politica poco sensibile al periodo di crisi. In poche parole è possibile racchiudere la questione nella cerchia della responsabilità sociale d’impresa e del dumping.
Nonostante il caos mediatico, il tagboard mostra come l’analisi del sentiment sui social network sia tornato a livello accettabile con valori negativi pari solo al 1% , neutrali al 96% e positivi al 2%.
Il meccanismo è piuttosto chiaro.
Nel breve periodo la reputation aziendale perde punti risentendo di un sentiment negativo ma guadagnandone in termini di share. Nel medio-lungo periodo, però, il brand ha l’opportunità di sfruttare i volumi mediatici sviluppati perché l’awareness è un concetto distaccato dall’immagine. Pagare una reputazione negativa con un picco di notorietà notevole può tramutarsi in vantaggio se il brand cavalca l’onda trasmettendo di sè un’immagine positiva e rinnovata.
